“La vita consacrata Signum fraternitatis” è il tema che ha guidato il percorso delle due giornate, 9 e 10 marzo, a Gandino. Con discreta e illuminante padronanza, il professor Maurizio Bevilacqua, del Claretianum, ha cercato di sintetizzare l’ampio sviluppo della riflessione sulla vita consacrata nel magistero post-conciliare.

Sorreggere gli sforzi fatti da molte comunità di religiosi e di religiose per migliorare la qualità della loro vita fraterna è lo scopo che si prefigge il documento del 1994 La vita fraterna in comunità. Uno spazio particolare è dato al ruolo dell’autorità vista prevalentemente in funzione della vita fraterna: ruolo necessario visto il pericolo di una frantumazione della vita comunitaria che tendeva a privilegiare percorsi individuali e contemporaneamente ad oscurare il ruolo dell’autorità.
Con l’Esortazione Apostolica Vita Consecrata del 1996, Giovanni Paolo II sottolinea che nella vita di comunità deve farsi in qualche modo tangibile che la comunione fraterna, prima d’essere strumento per una determinata missione, è spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto.
Una svolta importante si avrà con l’Istruzione Ripartire da Cristo del 2002: verrà espresso il compito dei superiori di ritrovare il senso e la qualità della vita consacrata, ma ci si preoccupa che venga garantita la fattiva partecipazione di tutti i fratelli o le sorelle alla vita decisionale per esprimere concretamente la spiritualità di comunione.
L’Istruzione sul Servizio dell’autorità e l’obbedienza del 2008, si pone certamente in continuità con i documenti precedenti. Riletta oggi appare più chiaro, di quanto potesse essere allora, che emergevano alcune preoccupazioni nuove circa un servizio che forse non si era sufficientemente rinnovato nel cammino post-conciliare.
Gli Orientamenti del 2017 Per vino nuovo otri nuovi lasciano trasparire la gratitudine al Signore per il cammino compiuto nel rinnovamento post-conciliare ma restano sfide ancora aperte: i superiori sono chiamati ad essere vicini alle persone consacrate in tutte le problematiche che riguardano il loro cammino sia a livello personale che comunitario … Le difficoltà emerse impongono che si promuova una vita fraterna in cui gli elementi umanizzanti ed evangelici trovino equilibrio affinché ciascuno si senta corresponsabile e al tempo stesso sia riconosciuto indispensabile per la costruzione della fraternità. Di fatto è la fraternità il luogo eminente della formazione continua.
A queste interessanti provocazioni ha fatto seguito il lavoro di gruppo che ha trovato tutte le partecipanti attive e desiderose di lasciarsi provocare: nella nostra esperienza di fraternità, quali sono i punti forza e i punti deboli nel dialogo e nel discernimento? Come fare per non mettere il carisma nel “museo”?

La domenica mattina siamo state invitate a passare dai documenti del Magistero ai nostri testi fondamentali: Regola di vita, Progetto formativo, Documento Finale. Dopo un breve spazio di riflessione personale di nuovo nei gruppi per rileggere insieme, attraverso i testi citati, l’identità spirituale delle nostre comunità nella ricerca di una comunione autentica e sinodale. Senza trascurare le fatiche, le fragilità, ciascuna ha afferrato saldamente i principi guida della propria storia e ne ha fatto un dono a tutte: “a ciascuna è richiesto un cammino di conversione personale e l’umiltà di guardare ogni sorella con gli stessi occhi con cui la guarda Gesù …”. “… con Maria sotto la Croce, fissiamo gli occhi nel Crocifisso e rinnoviamo la nostra capacità di accoglienza reciproca …”. “Lo Spirito plasma la nostra umanità: come il popolo in cammino nel deserto impariamo ad amare Dio, a liberare i nostri desideri perché siano sempre più vicini a quelli di Dio …”. Queste e tantissime altre suggestioni hanno lasciato nel cuore il desiderio di essere comunità fraterne che nel rispetto e nel dono reciproco affidano al Signore  la loro vita secondo la prospettiva che Papa Francesco ha proposto a tutta la chiesa:
“Una persona che conserva la sua personale peculiarità e non nasconde la sua identità, quando si integra cordialmente in una comunità, non si annulla, ma riceve sempre nuovi stimoli per il proprio sviluppo. (…) Il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità (EG 235-236).
Ad arricchire ulteriormente queste due giornate è stata l’animazione liturgica, attentamente preparata da alcune giovani sorelle : “Lodate il Signore con la cetra…” Il suono  discreto e delicato della cetra ha accompagnato la salmodia corale e il suono dell’organo ha coinvolto tutte le nostre voci ad elevare con spontaneità la lode al Signore.